LU METROLOGGIO (Un racconto di mare)

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  • #11601
    MAURO650CS
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    Per mare si incontrano tante persone, alcune ti rimangono impresse. Questo racconto l’ho scritto per omaggiare un vecchietto che ho conosciuto agli esordi e che mi ha tanto insegnato. E’ tutto assolutamente reale, e qualcuno del forum (mi riferisco agli abruzzesi) sa anche di chi parlo. Questo racconto vorrei inserirlo in un libro che mi piacerebbe scrivere. Mi piacerebbe però condividerlo prima con voi del forum. Ammesso che abbiate la voglia e la pazienza di leggerlo. 😀

    All’inizio della mia carriera di pescatore in apnea frequentavo spesso una baietta tra Fossacesia e San Vito, chiamata “Punta Cavalluccio”. In questa piccola insenatura esposta ai venti di tramontana e di libeccio si ergeva uno stupendo trabocco, scampato alle mille intemperie e conservatosi meravigliosamente tanto da essere tutt’ora perfettamente funzionante, oltre che essere adibito da qualche anno a questa parte a ristorantino intimo a conduzione familiare. All’ombra di questo splendido capolavoro architettonico conobbi l’uomo più incredibile che abbia mai incontrato, un tale Orlandino. Un vecchio lupo di mare, uno di quegli uomini di altri tempi che sembravano usciti da una fiaba o da un romanzo d’avventura.
    L’attrezzatura con la quale mi accingevo a pescare era spartana, un mutino leggero, pinne corte che sembravano quelle da bambino ed il fucile più economico di allora, un vecchio excalibur con elastici vecchi e ormai prossimi alla pensione. Io e Paolo eravamo entrati in acqua poco dopo l’alba. Al nostro rientro sulla spiaggia trovai quest’ometto, curvo su una barca di legno vecchia quanto lui. L’avevo già  notata altre volte arenata sui ciottoli, ma non credevo che qualcuno potesse davvero usarla ancora. Da lontano intravedevo le piccole ossa, che ero certo, avrebbero ceduto con lo sforzo che si apprestavano a compiere. Mi affrettai ad avvicinarmi a lui per aiutarlo in quella folle impresa, ma prima che potessi chiedergli se gli occorreva una mano, la barca incominciò a muoversi e spedita raggiunse l’acqua. Guardai incredulo quel vecchietto che aveva tirato fuori una forza da leone, che teneva nascosta chissà  dove.
    -Buongiorno!- salutai con educazione. Lui farfugliò qualcosa di incomprensibile, ma sono certo che volesse solo rispondere al saluto. Quello fu il mio primo incontro con Orlandino, capii subito che si trattava di una persona fuori dal comune e non mi sbagliai poi tanto. Ci incontrammo diverse volte. In quel periodo pescavo spesso ai piedi di quel trabocco. Ero ancora tanto inesperto e non conoscevo altri posti. Paolo, il mio compagno di pesca abituale sosteneva che quello era tra i migliori posti in assoluto. Con il tempo ci accorgemmo che non era affatto così, ma allora ci credevamo e questo mi diede modo di poter conoscere meglio quel simpatico e strano vecchietto.
    Scoprii presto che lui era il proprietario del trabocco, che l’aveva ereditato da suo padre che a sua volta l’aveva ereditato dal padre di suo padre e così a ritroso per secoli. Lui l’aveva a sua volta lasciato in eredità  a suo figlio che da qualche anno l’aveva ristrutturato a dovere ed adibito a ristorante con un discreto successo. Seguirlo nei suoi discorsi non era facile, il suo italiano era pessimo ed il suo dialetto troppo stretto. Tutto ciò che diceva cercavo di interpretarlo osservando il suo frenetico gesticolare ed i suoi occhi azzurri come il mare. Non nascondo che di tanto in tanto annuivo senza aver capito assolutamente nulla, ma non se ne accorse mai, così preso da quel suo chiacchierare. Nonostante non si ricordasse mai di me anche a distanza di pochi giorni, aveva sempre una storia nuova da raccontare, o inventare, non saprei.
    Una mattina il vecchio Orlandino ci diede una delle lezioni più importanti e che ad oggi tengo ancora in mente.
    Una mattina di settembre, all’incirca alle nove, io e Paolo uscivammo dall’acqua dopo un paio d’ore di pesca infruttuosa. Di solito ci trattenevamo di più, ma quel giorno dovemmo anticipare a causa del freddo e delle mute che indossavamo, totalmente inadeguate per quel periodo. La barca di Orlandino era ancora sui ciottoli. Il vecchio se la stava prendendo comoda quel giorno. Stavo rientrando a terra tenendo ,nascosto sotto il pelo dell’acqua il cavetto portapesci con il misero bottino della giornata, un sarago dalle dimensioni vergognose ed un cefalo lungo quanto una mano. Prede minuscole ed insignificanti, che, oggi che ho maturato una certa etica, non mi sognerei mai si catturare. All’epoca, però, rappresentavano già  un piccolo successo. Paolo invece aveva catturato un piccolo polpo che avrebbe cucinato la sera stessa per la famiglia. Lo teneva alto, quasi a sbandierarlo ai quattro venti.
    -I bambini!- sentimmo urlare da lontano
    -I bambini!-
    -I bambini!-
    Ci guardammo senza capire né da dove provenissero quelle grida, né cosa significassero. Poi vedemmo spuntare dalle scale che collegavano la strada con il trabocco, il vecchio Orlandino adirato come mai.
    -Ammazzi i bambini!- disse con un italiano stentato verso il mio compagno di pesca.
    -C- come?- balbettò Paolo che non riusciva proprio a capire se stesse dando di matto o fosse serio.
    -I BAMBINI- gli urlò con quanto fiato aveva in gola.
    -Perché ammazzi i bambini?-
    Purtroppo non riuscivamo proprio a capire cosa volesse dire.
    Paolo era un omaccione grande e grosso ma educato e rispettoso, ma quell’inveire contro di lui, quella mattina lo fecero scaldare.
    -Ma che cazzo vuoi?- gli rispose.
    Orlandino si lanciò verso di lui con uno scatto che sfiderei qualunque diciottenne a replicare. Scese le scale due a due e con fare minaccioso arrivò con i piedi in acqua, faccia a faccia con il mio collega. Di me sembrava non accorgersi. Prese il polpetto dal raffio che teneva in mano Paolo e glielo agitò davanti.
    -Questo è un bambino! Assassino!- poi gli scaraventò il raffio in acqua, ai suoi piedi e si girò.
    Quella frase ci ghiacciò. Sant’Iddio, aveva ragione, era davvero piccolo quel polpo e forse sarebbe stato meglio che non l’avesse preso. Ma anche le mie prede erano altrettanto piccole, quindi anch’io mi sentii mortificato come se la ramanzina l’avessi presa anch’io.
    Rimanemmo basiti, increduli dal suo amore per il mare e da quella verità  che per la prima volta ci aprì gli occhi verso un’etica venatoria più giusta e matura. Da quel giorno prestammo un’attenzione particolare verso tutto ciò che sarebbe finito nelle nostre tavole.
    Orlandino si scordò di noi e di quell’incidente e dalla volta successiva tornò a parlarci con serenità  e pacatezza. Un episodio del tutto singolare e divertente fu quello a cui assistetti una mattina di agosto dell’anno seguente. Rientrai a terra molto in anticipo rispetto a Paolo che probabilmente aveva voglia di rimanere ancora in acqua. Io ne approfittai per cambiarmi e cominciare a caricare l’attrezzatura in macchina. Si erano però intanto fatte le undici e nella baietta cominciarono ad arrivare qualche bagnante. Tra questi un ragazzo con un quadernetto alla mano. Si sedette su un grande scoglio e cominciò a scrivere qualcosa. Poi mi guardò e mi cominciò a fare domande sulla pesca, sul mare, l’apnea ed io rispondevo con grande entusiasmo. Scoprii che amava scrivere poesie e racconti legati al mare e che voleva saperne di più del mondo sommerso. Mentre chiacchieravamo Orlandino rientrò a riva con la sua solita barchetta a remi. Aveva preso tre grossi polpi che avrebbe sbattuto lì sulla riva di lì a pochi minuti. Lo aiutammo ad issare la barca fin dove l’acqua non potesse arrivare. Ci ringraziò, ma con quell’aria di superbia che sembrava dirci:
    -Guardate che ce l’avrei fatta tranquillamente da solo. Lo faccio tutte le mattine da quando ho dieci anni-.
    Poi il giovane poeta tornò sul suo scoglio ed Orlandino tirò via dalla barca i suoi tre grossi polpi.
    -Lu bashton- borbottò.
    (Il bastone)
    Aveva dimenticato il bastone con cui batteva i polpi e sarebbe dovuto salire sul trabocco, ma aveva dimenticato anche le chiavi. Si girò deciso a recuperare il suo bastone, quando intravide il ragazzo con il quaderno appoggiato sullo scoglio in una posa plastica e del tutto comoda.
    -Abbade, ragazzì che se chisc ti fì mal- urlò.
    (Attento ragazzo, che se cadi da li ti fai male)
    Il giovane poeta si imbarazzò e scese senza controbattere, venendosi a sedere vicino a me sulla spiaggetta di ciottoli con le guance rosse.
    Assicuratosi che il ragazzo si fosse spostato, Orlandino salì le scale del trabocco sperando che il figlio si fosse dimenticato di chiudere a chiave la porta della passerella. Tentò di aprire, ma la porta rimase inesorabilmente chiusa. Deciso a portare a termine l’opera lo vedemmo aggirare la porta scavalcando le corde che fungevano da passamano con un gesto di totale incoscienza, ma anche di incredibile bravura. Tutto questo con sotto di se almeno tre metri di vuoto che terminavano con una serie di scogli appuntiti che l’avrebbero certamente ammazzato se le sue ossa non avessero retto la presa. Corse sul trabocco, prese il bastone ed eseguì la stessa operazione al contrario. Io ed il giovane poeta ci guardammo stupiti, poi scoppiammo in una risata incontenibile.
    -Ed aveva appena detto a me che stare su un scoglio è pericoloso-
    Un’altra perla me la regalò un giorno di inizio estate. Ero lì per una passeggiata in moto. Le mareggiate dei giorni precedenti avevano reso l’acqua torbida ed assolutamente inadatta alla pesca in apnea. Orlandino era uscito con la sua barca e stava rientrando proprio in quel momento. Mi fermai a parlare con lui del comportamento dei pesci. Poi mi raccontò di quando lavorava sulle navi da pesca. Mi disse che aveva lavorato in America, in Giappone e perfino in Australia, ma quella storia fu palesemente inventata, secondo me. Non me lo saprei proprio immaginare quel vecchietto che non sapeva parlare in italiano, capirsi in inglese o in giapponese. Mi feci dentro di me una grossa risata. Poi, prima di salutarlo. gli chiesi: -Dici che la settimana prossima si rimetterà  il tempo?-
    mi rispose come se prevedere il tempo fosse la cosa più facile di questo mondo, poi prima di lasciarmi andare mi strappò un sorriso con una battuta che non dimenticherò mai:
    -E ‘mbarat che lu metrologgio è un sol- rimarcando il concetto con il pollice alzato.
    (e impara che il metrologo è uno solamente) con “metrologgio” voleva senz’altro intendere il meteorologo.
    -Li piscatur e li cuntadin-
    (I pescatori ed i contadini)
    Ancora oggi mi sbellico dalle risate ripensando a quella scena. +

    L’ultima volta che lo vidi,però, riuscii a strappargli un piccolo segreto.
    -Orlandì, ma ‘ndò stà  le spigule?-
    (Orlandino, ma dove sono le spigole?)
    -Fora, fora. Mare gross, pesch gross-
    (Fuori, fuori. Mare grande, pesce grande)
    -Ma fora, addò?-
    (Ma fuori dove?)
    -Ayess sopre, mezz migl fora- indicando a sud
    (Qui sopra, a mezzo miglio dalla costa)
    -Duman ti ci vaj a mett nà  buttije, quell della coca-coca. Allà  stà  le spigule- aggiunse
    (Domani ti ci vado a mettere una bottiglia, quella della coca-cola. Là  stanno le spigole)
    Non andai mai a controllare se la bottiglia ci fosse veramente, ma diedi per scontato che mi stava mentendo. Nessun pescatore ti rivela mai un posto buono. Quindi non presi mai in considerazione quelle parole e feci sempre il contrario di quello che mi disse, continuando a pescare a nord, senza mai prendere nulla di importante.
    Poi prima di lasciarlo e non rivederlo mai più mi aggiunse un piccolo particolare.
    -Tu li sì quand ti mur?- mi chiese
    (tu lo sai quando morirai?)
    -No! Pecchè tu schi?-
    (No! Perchè tu sì?)
    -Schi li sacce! Nonnò sa mort a ottantott’ann, papà  sa mort a ottantott’ann, e je me dà  morì a ottantott’ann. Tu lì si quant’ann teng mò?-
    (Sì lo so! Mio nonno è morto a ottantotto anni, mio padre è morto a ottantotto anni e io dovrò morire a ottantotto anni. Lo sai quanti anni ho adesso?-
    -Quanti?-
    -Ottantaseie. Fra du ann me mor-
    (Ottantasei. Fra due anni muoio)
    Lo aiutai a scendere la sua barca in acqua e lo salutai.

    Sono passati almeno due anni da quando non lo vedo più, ad almeno altrettanti da quando non vado più a pescare a “Punta Cavalluccio”. Nel frattempo ho cambiato posti di pesca e anche compagno. Quel simpatico vecchietto, però, mi è tornato alla mente solo pochi giorni fa, quando passando con la barca vicino il trabocco di Orlandino, ho visto una bottiglia di coca-cola galleggiare attaccata ad una cima a circa mezzo miglio dalla costa. Sapete, quel sesto senso che ti impone di fermarti? Bene, io mi sono fermato, ho acceso l’ecoscandaglio e:
    -Cazzo Claudio, qui c’è roccia!-
    Decidiamo di fare un tuffo. Il fondo è a circa dieci metri.
    -Ci sono le spigole Claudio! Ci sono le spigole!- sono esaltato come un bambino. Da tempo ormai non ne vedevo più nelle zone che frequentavo. Eccitato ed emozionato comincio la mia caccia. Non sono molto grandi però, qualcuna supera appena il mezzo chilo. Quell’etica a cui sono fortemente legato e che in qualche modo mi ha tramandato Orlandino, mi impedisce di sparare.
    -I bambini! I bambini!- mi viene da pensare, e così rimango sospeso nel blu ad ammirare questi pesci passare, sperando che arriva quella grossa. La grossa però non arriva, ma il solo stare in acqua, rilassato ed emozionato e sufficientemente appagante.
    Qualcosa mi dice che quella bottiglia a sud del trabocco, a mezzo miglio dalla costa, non poteva essere una coincidenza. Così ieri sono tornato al trabocco. Ho aspettato che rientrasse Orlandino dalla pesca, aspettandolo sullo scoglio che riteneva pericoloso, l’ho cercato l’orizzonte. Quando ho capito che non era in mare, ho cercato la sua barca, quella a remi, vecchia ed ormai da buttare da cui non si sarebbe separato mai. Non l’ho trovata. Ho trovato solo un vecchio remo spezzato buttato tra le foglie. Due anni fa aveva ottantasei anni, oggi ne avrebbe avuto ottantotto. Non so se sia morto per davvero, o se è ancora vivo in qualche letto di ospedale. Certo è che anche se respira e si muove, quell’uomo senza la sua barca, senza il mare è comunque un uomo morto. E che cos’è la morte in fin dei conti? L’assenza di battito cardiaco o di quei sentimenti che lo alimentano?

    #288922
    Danilo82
    Partecipante

    Dovresti farla davvero pubblicare è STUPENDA!!!!

    #288923
    Avvocapo
    Partecipante

    Ho letto tutto il racconto per ben due volte e devo dire che è veramente bello ed emozionante!
    Penso che da queste storia si possono comprendere molte cose, veramente una persona di altri tempi! 😉

    #288924
    SARDENTICE81
    Moderatore

    da pelle d’oca… un racconto d’altri tempi e scritto benissimo

    #288925
    dilan962
    Partecipante

    Complimenti,è una bellissima storia. Non avere dubbi e pubblicarla.
    Ti confesso che mi sono emozionato a leggerla.

    #288926
    solinasd
    Moderatore

    Davvero un bel racconto di mare… 😉

    #288927
    lorenzino82
    Partecipante

    Mauro mi hai fatto venire i brividi… Non scherzo…. Mentre rispondo ho i peli delle braccia tutti ritti…. Fantastica storia…..

    #288928
    MAURO650CS
    Partecipante

    Grazie mille ragazzi, innanzitutto per essere arrivati fino alla fine 😀 … e poi per i bei complimenti che mi avete fatto. 😳

    La foto è ovviamente del trabocco in questione e la barca sulla sinistra proprio quella di Orlandino… è uno scatto del 2009 quando la barca c’era ancora… ora quel posto è inesorabilmente vuoto! 😥

    #288929
    SARDENTICE81
    Moderatore

    @MAURO650CS wrote:

    Grazie mille ragazzi, innanzitutto per essere arrivati fino alla fine 😀 … e poi per i bei complimenti che mi avete fatto. 😳

    La foto è ovviamente del trabocco in questione e la barca sulla sinistra proprio quella di Orlandino… è uno scatto del 2009 quando la barca c’era ancora… ora quel posto è inesorabilmente vuoto! 😥

    si ma grazie al tuo racconto almeno il ricordo vivrà  nella testa di tutti i ragazzi che l’avranno letto, chedo che il signor Orlandino avrebbe lo apprezzato molto

    #288930
    Cristian
    Partecipante

    Che bellissimo racconto!!è emozionante!!!!

    #288931
    arbalete
    Partecipante

    bel racconto made in abruzzo

    #288932
    submaro
    Partecipante

    Veramente una bella storia di mare e di vita, Orlandino se ancora non è tornato dalla sua barca spero per lui ci possa tornare presto, posso immaginare cosa sia per lui vivere senza. Bravo Mauro ci hai fatto emozionare!!!

    #288933
    GUAZA lo iettatore
    Partecipante

    bellissimo racconto, e se l’ho letto tutto io! vuol dire che invoglia la lettura! 8) Complimenti, anch’io conosco un vecchio pescatore che mi racconta tante avventure di pesca di 60 anni fa, pesci spada presi in 2mt d’acqua a terra ecc ecc con tanto di foto.
    Che dire purtroppo queste persone stanno sparendo e son una risorsa per noi!

    #288934
    vikingo
    Partecipante

    Bravo Mauro, bella narrazione, (Tranne :uscivammo).
    P.S. non ci sono solo le spigole in quel posto… 😉

    #288935
    olympio
    Partecipante

    Ho la pelle d’oca, anche essendo pugliese i miei nonni sono abruzzesi e leggere questo racconto mi ha fatto tornare in mente un sacco di ricordi su mio nonno che mi raccontava le storie nel suo mitico dialetto 😀 In più davvero ben scritto complimenti!!!

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