REFERENDUM 17 APRILE PER ABOLIRE LE TRIVELLAZIONI IN MARE

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  • Questo topic ha 40 risposte, 12 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 8 anni, 7 mesi fa da Max.
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  • #15187
    candidoshark
    Partecipante

    Salve , vi scrivo per rendere noto a tutti gli iscritti al forum che il 17 aprile si svolgeranno le votazioni per il referendum abrogativo.
    Con decisione del Consiglio dei Ministri adottata il 10 febbraio è stata determinata la data del 17 aprile 2016 per il REFERENDUM ABROGATIVO della norma che prevede che i permessi e le concessioni a esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti di idrocarburi entro dodici miglia dalla costa abbiano la “durata della vita utile del giacimento” (referendum popolare per l’abrogazione del comma 17, terzo periodo, dell’art. 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 [Norme in materia ambientale], come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 [Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato − legge di stabilità 2016], limitatamente alle seguenti parole: «per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale»).

    Vi esorto a darne massima diffusione tra tutte le persone che conoscete per far si che il “SI”
    vinca .
    Non dimentichiamoci questa data , il referendum è forse la unica modo in cui il volere del popolo può farsi sentire.
    Andiamo a votare.

    #353355
    timsub
    Partecipante
    #353356
    SARDENTICE81
    Moderatore

    dimostriamo a queste merde che ci governano che anche se hanno sprecato 300 milioni di euro per non accorpare il referendum ad un election day, visto che è loro interesse boicottare il SI e non far raggiungere il quorum, che siamo ancora un popolo di gente con le palle

    il 17 aprile andiamo tutti a votare SI contro le trivellazioni in mare

    #353357
    candidoshark
    Partecipante

    Cerchiamo di dare diffusione utilizzando anche i nostri profili Facebook e quanto altro possiamo usare.

    #353358
    dallisotto
    Partecipante

    Classico referendum italico, molto tecnico, in cui il popolo viene chiamato a votare per una cosa di cui non sa (in larghissima maggioranza) assolutamente nulla.

    Soldi buttati, malamente, via. Le questioni vere da porre in materia referendaria sono quelle di coscienza, non quelle tecniche.

    Vorrei chiedere a tutti gli italiani quanti km sono 12 miglia, e ne sentiremmo delle belle.

    Detto ciò, votate secondo la vostra coscienza, e non sbaglierete mai.

    #353359
    Max
    Moderatore

    Prendetevi un po di tempo e leggete l’articolo.
    Andare a votare è un DOVERE e un DIRITTO di ogni cittadino, ma, badate bene, bisogna sapere cosa si va a votare. Votare per “sentito dire” o solo per partito preso è uno sbaglio enorme.

    Pro e contro il referendum sulle trivellazioni
    Per cosa andremo a votare il 17 aprile, spiegato bene: si parla degli impianti che esistono già – i nuovi sono vietati in ogni caso – e quelli per il Sì dicono che è un “voto politico”

    Per la prima volta nella storia della Repubblica, il prossimo 17 aprile gli elettori italiani saranno chiamati a votare a un referendum richiesto dalle regioni, invece che – come di solito avviene – tramite una raccolta di firme. Si tratta del cosiddetto referendum “No-Triv”: una consultazione per decidere se vietare il rinnovo delle concessioni estrattive di gas e petrolio per i giacimenti entro le 12 miglia dalla costa italiana. In tutto le assemblee di nove regioni hanno chiesto il referendum: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise. Una raccolta di firme per presentare il referendum era fallita lo scorso inverno. L’esito del referendum sarà valido solo se andranno a votare il 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto.

    Cosa vuole cambiare il referendum
    Nel referendum si chiede agli italiani se vogliono abrogare la parte di una legge che permette a chi ha ottenuto concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore entro 12 miglia dalla costa di rinnovare la concessione fino all’esaurimento del giacimento. Il quesito del referendum, letteralmente, recita:
    Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?

    Il comma 17 del decreto legislativo 152 stabilisce che sono vietate le «attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi» entro le 12 miglia marine delle acque nazionali italiane. La legge stabilisce che gli impianti che esistono entro questa fascia possono continuare la loro attività fino alla data di scadenza della concessione, che su richiesta può essere prorogata fino all’esaurimento del giacimento. Si parla quindi di permettere o no che proseguano le estrazioni sugli impianti che esistono già.

    La situazione oggi
    Gran parte delle 66 concessioni estrattive marine che ci sono oggi in Italia si trovano oltre le 12 miglia marine, che non sono coinvolte dal referendum. Il referendum riguarda soltanto 21 concessioni che invece si trovano entro questo limite: una in Veneto, due in Emilia-Romagna, uno nelle Marche, tre in Puglia, cinque in Calabria, due in Basilicata e sette in Sicilia. Le prime concessioni che scadranno sono quelle degli impianti più vecchi, costruiti negli anni Settanta. Le leggi prevedono che le concessioni abbiano una durata iniziale di trent’anni, prorogabile una prima volta per altri dieci, una seconda volta per cinque e una terza volta per altri cinque; al termine della concessione, le aziende possono chiedere di prorogare la concessione fino all’esaurimento del giacimento.

    Se al referendum dovessero vincere il sì, gli impianti delle 21 concessioni di cui si parla dovranno chiudere tra circa cinque-dieci anni. Gli ultimi, cioè quelli che hanno ottenuto le concessioni più recenti, dovrebbero chiudere tra circa vent’anni. In tutto in Italia ci sono circa 130 piattaforme offshore utilizzate in processi di estrazione o produzione di gas e petrolio. Quattro quinti di tutto il gas che viene prodotto in Italia (e che soddisfa circa il 10 per cento del fabbisogno nazionale) viene estratto dal mare, così come un quarto di tutto il petrolio estratto in Italia. Nessuno al momento ha calcolato quale percentuale di gas e petrolio viene prodotta entro le 12 miglia marine, né quanto sono abbondanti le riserve che si trovano in quest’area.

    Cosa succede in caso di vittoria dei sì
    Il referendum non modifica la possibilità di compiere nuove trivellazioni oltre le 12 miglia e nemmeno la possibilità di cercare e sfruttare nuovi giacimenti sulla terraferma: e compiere nuove trivellazioni entro le 12 miglia è già vietato dalla legge. Una vittoria dei sì al referendum impedirà l’ulteriore sfruttamento degli impianti già esistenti una volta scadute le concessioni. Il giacimento di Porto Garibaldi Agostino, per esempio, che si trova a largo di Cervia, in Romagna, è in concessione all’ENI ed è sfruttato da sette piattaforme di estrazione. La concessione risale al 1970 ed è stata rinnovata per dieci anni nel 2000 e per cinque nel 2010. In caso di vittoria del sì, l’ENI potrà ottenere una seconda e ultima proroga per altri cinque: dopo sarà costretta ad abbandonare il giacimento, anche se nei pozzi si trovasse ancora del gas.

    Le ragioni di chi è favore del Sì
    Secondo i vari comitati “No-Triv”, appoggiati dalle nove regioni che hanno promosso il referendum e da diverse associazioni ambientaliste come il WWF e Greenpeace, le trivellazioni andrebbero fermate per evitare rischi ambientali e sanitari. I comitati per il No ammettono che per una serie di ragioni tecniche è impossibile che in Italia si verifichi un disastro come quello avvenuto nell’estate del 2010 nel Golfo del Messico, quando una piattaforma esplose liberando nell’oceano 780 milioni di litri di greggio, ma sostengono che un disastro ambientale in caso di gravi malfunzionamenti di uno degli impianti sia comunque possibile.

    Alcuni aderenti ai comitati per il Sì hanno anche parlato dei danni al turismo che avrebbero arrecato le piattaforme. È importante sottolineare, però, che il referendum non impedirà nuove trivellazioni (che sono già vietate) né la costruzione di nuove piattaforme, ma solo lo sfruttamento di quelle già esistenti. Inoltre, il legame tra piattaforme e danni al turismo non è stato dimostrato chiaramente. La regione con il più alto numero di piattaforme, l’Emilia-Romagna, è anche una di quelle con il settore turistico più in salute. La Basilicata, la regione del sud più sfruttata per la produzione energetica, è stata una di quelle che negli ultimi anni hanno visto crescere di più il settore turistico.

    Questa settimana Greenpeace ha pubblicato uno studio realizzato dall’ISPRA, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca, che mostra come tra il 2012 e il 2014 ci siano stati dei superamenti dei livelli stabiliti dalla legge per gli agenti inquinanti nel corso della normale amministrazione di alcuni dei 130 impianti attualmente in funzione in Italia. Non sembra però che i valori fossero particolarmente preoccupanti. Gli stessi promotori del referendum sottolineano che l’inquinamento non è la priorità che ha reso necessario il referendum. La ragione principale, spiegano, è “politica”: dare al governo un segnale contrario all’ulteriore sfruttamento dei combustibili fossili e a favore di un maggior utilizzo di fonti energetiche alternative. Come è scritto sul sito del coordinamento “no-triv”:
    «Il voto del 17 Aprile è un voto immediatamente politico, in quanto, al di là della specificità del quesito, residuo di trabocchetti e scossoni, esso è l’UNICO STRUMENTO di cui i movimenti che lottano da anni per i beni comuni e per l’affermazione di maggiori diritti possono al momento disporre per dire la propria sulla Strategia Energetica nazionale che da Monti a Renzi resta l’emblema dell’offesa ai territori, alle loro prerogative, alla stessa Costituzione italiana»

    Le ragioni di chi è a favore del No
    Contro il referendum è stato fondato il comitato “Ottimisti e razionali“, presieduto da Gianfranco Borghini, ex deputato del Partito Comunista e poi del PdS. Il comitato sostiene che continuare l’estrazione di gas e petrolio offshore è un modo sicuro di limitare l’inquinamento: l’Italia estrae sul suo territorio circa il 10 per cento del gas e del petrolio che utilizza, e questa produzione ha evitato il transito per i porti italiani di centinaia di petroliere negli ultimi anni.
    Una vittoria del sì avrebbe poi delle conseguenze sull’occupazione, visto che migliaia di persone lavorano nel settore e la fine delle concessioni significherebbe la fine dei loro posti di lavoro. Nella provincia di Ravenna il settore dell’offshore impiega direttamente o indirettamente quasi settemila persone.

    L’aspetto “politico”, infine, è una delle principali ragioni per cui il referendum è stato criticato. Il referendum, secondo gli “Ottimisti e razionali”, è lo strumento sbagliato per chiedere al governo maggiori investimenti nelle energie rinnovabili. Il referendum, dal loro punto di vista, somiglia più a un tentativo di alcune regioni – che hanno reso possibile la consultazione – di fare pressioni sul governo in una fase in cui una serie di leggi recentemente approvate e la riforma costituzionale in discussione stanno togliendo loro numerose autonomie e competenze, anche in materia energetica.

    #353360
    vikingo
    Partecipante

    Di questo referendum avevo già sentito puzza di bruciato, questa è la conferma.

    #353361
    dallisotto
    Partecipante

    @vikingo wrote:

    Di questo referendum avevo già sentito puzza di bruciato, questa è la conferma.

    In effetti le parecchie banconote da 500 euro, nostre, che vanno in fumo con questo referendum, puzzano parecchio di bruciato. gh 😕

    #353362
    biro2323
    Partecipante

    Grazie max per il testo.

    adesso ne so qualcosina di più.

    la luce e la prospettiva che illuminano il tema hanno preso decisamente un’altra piega.

    ..personalmente (speculo) dubito che si raggiunga il numero di votanti necessario…

    … penso che il numero di votanti possa essere di gran lunga più alto per una valutazione quaqquaraqquistica sull’effetto del botox su una delle tante figure pseudo-veliniche che riempiono le immagini che nutrono e sfamano l’odierno immaginario collettivo italiano …

    #353363
    Max
    Moderatore

    E’ un argomento che mi sta particolarmente a cuore, non solo perchè lavoro nel settore e sto vedendo colleghi, amici o semplici conoscenti che stanno perdendo il lavoro ogni giorno a causa di questa scellerata scelta “politica”, che NON informa realmente gli italiani sui benefici che tutti noi abbiamo avuto in oltre 30 anni di attività e sulle conseguenze che la vincita dei SI porterebbe alla nazione.

    Se vincesse il SI ci saranno elevate perdite economiche per mancati introiti fiscali, mancati investimenti economici da parte di decine di aziende (italiane e straniere) che da decenni lavorano in italia e danno lavoro agli italiani.
    Se vincesse il SI migliaia di persone perderebbero il lavoro…a questo nessuno ci pensa?

    Passare dagli idrocarburi alle rinnovabili è possibile, ma il processo non è immediato. Non è immediato come pigiare un interruttore, occorreranno decenni, non si può di punto in bianco chiudere le estrazioni e pensare che da oggi a domani viviamo esclusivamente con le rinnovabili. PENSARE UNA COSA DEL GENERE SAREBBE UN ERRORE IMPERDONABILE.

    Anni fa il popolo italiano fu ingannato nella scelta del nucleare, oggi la politica sta facendo la stessa cosa: vi sta ingannando.
    Ci fecero credere che si poteva vivere senza nucleare! Oggi abbiamo decine di centrali nucleari vicinissime ai nostri confini (Francia, Svizzera, ecc.) che producono energia, noi fessi italiani la compriamo, ma nel caso di incidenti saremo coinvolti noi quanto loro!

    L’attuale produzione italiana di idrocarburi (petrolio e metano) proveniente dalla 106 piattaforme off-shore garantiscono al paese il 10% del fabbisogno nazionale. Se vincessero i SI questo 10% dovremmo per forza importarlo dall’estero, a meno che tutti voi non siate pronti dall’oggi al domani a rinunciare a tutto ciò che avete ogni singolo momento della giornata (acqua calda, luce in casa, riscaldamento domestico, benzina, elettrodomestici, ecc.).

    Se al referendum del 17 aprile vincesse il SI, ci troveremmo costretti a comprare dall’estero l’energia, come è avvenuto per il nucleare.
    Ma davvero pensate che votando SI da domani avremmo tutti i pannelli solari, le centrali BIO e le pale eoliche dietro casa? No signori, avremmo più traffico navale con navi petroliere, gasiere e metaniere nei porti italiani (per me lo dico egoisticamente sarebbe solo un bene), l’Italia sarà costretta a comprare l’energia dall’estero!
    Non è questo il modo per chiedere al Governo di iniziare ad investire sulle rinnovabili, così ci daremo solo una sonora mazzata sui marroni e sarete “complici” del licenziamento di migliaia di persone!

    Riporto integralmente un articolo tratto da “il sole 24ORE” del 20 gennaio 2016, quando la data del referendum non era stata ancora stabilita.

    La Corte costituzionale martedì ha approvato uno dei sei referendum “anti-trivelle” chiesti da dieci Regioni . Ecco dieci domande e dieci risposte per capire meglio il tema in discussione.

    1 – Che cosa ci chiederà il referendum?

    Il quesito referendario sopravvissuto (dei 6 originari) è debolissimo nei contenuti ma forte nella valenza politica-emotiva . In sostanza ci verrà chiesto: volete voi che, quando scadranno le concessioni nelle acque territoriali italiane, quei giacimenti vengano fermati anche se sotto c’è ancora gas o petrolio?

    2 – Quando voteremo?

    Non è ancora deciso (nota: 17 aprile) . Il Governo vuole evitare sovrapposizioni elettorali, per evitare distorsioni a un voto già fortemente caratterizzato da emotività. Per questo motivo le opposizioni premono molto per i referendum: per aumentare le difficoltà di consenso del Governo. Le due soluzioni per ora individuate sono entrambe ad alto rischio. In primavera sono in programma elezioni amministrative, nelle quali la facile presa emotiva del tema delle perforazioni può diventare un campo di battaglia elettorale senza esclusione di colpi bassi. In autunno c’è la coincidenza con il referendum costituzionale, che è quasi un plebiscito per confermare o negare l’apprezzamento dei cittadini nei confronti del Governo Renzi. Entrambe le coincidenze disturbano il Governo; forse la meno temuta è la prima, cioè le amministrative.

    3 – Quali effetti diretti può avere il “sì” al referendum?

    Se passerà il “sì”, quando scadranno le concessioni verranno bloccati diversi investimenti fra i quali spiccano tre grandi giacimenti già attivi per i quali sono allo studio i potenziamenti. Si tratta del giacimento Guendalina (Eni) nel Medio Adriatico, del giacimento Rospo (Edison) davanti all’Abruzzo e del giacimento Vega (Edison) al largo di Ragusa. Alcune vecchie piattaforme – nei mari italiani ci sono 106 istallazioni per estrarre metano o petrolio – ormai hanno esaurito gran parte delle risorse che erano disponibili quando furono realizzate decenni fa, ma i giacimenti sono ancora assai grandi. Non ci saranno invece effetti sui grandi giacimenti oltre le 12 miglia dalla costa (cioè in acque internazionali di competenza economica italiana), dove si prospettano riserve dalle dimensioni impressionanti.

    4 – Quali effetti diretti può avere il “no” al referendum?

    Se passerà il “no”, quando scadranno le concessioni le compagnie petrolifere potranno chiedere un prolungamento dell’attività e, ottenute le autorizzazioni in base alla Valutazione di impatto ambientale, potranno investire in rinnovamento degli impianti, aggiornare le tecnologie produttive e di sicurezza ambientale, e aumentare la produzione di metano o petrolio fino all’esaurimento completo del giacimento .

    5 – Quali effetti positivi da un “sì” al referendum?

    Una vittoria dei “sì” potrebbe allontanare il rischio di incidenti rilevanti nei mari italiani, già inquinati dai depuratori rotti dall’Abruzzo in giù. Il rischio di incidenti nelle 106 piattaforme presenti da decenni nei mari italiani è remoto ma esiste e può avere effetti terribili.

    6 – Quali effetti negativi da un “sì” al referendum?

    Una vittoria dei “sì” potrebbe produrre ricadute negative su un “made in Italy” avanzatissimo e altamente tecnologico nel mondo: il polo di Ravenna, con decine di imprese italiane e migliaia di persone, è leader nel mondo nelle perforazioni sia per tecnologia sia per qualità ambientale. Oltre a quelle che hanno già chiuso, lasciando senza lavoro centinaia di persone, il nuovo stop potrebbe far perdere all’Italia questa leadership di qualità e di tecnologia.

    7 – Quali altri effetti indiretti avrebbe il referendum?

    Secondo l’esito del voto, potranno esserci effetti sulle royalty per le Regioni , sull’andamento delle importazioni di petrolio (il blocco dei giacimenti nazionali aumenta l’import), sul traffico di petroliere (il blocco dei giacimenti nazionali aumenta il ricorso a petroliere nei nostri mari da Paesi lontani), sull’aumento delle emissioni.

    8 – Quali le posizioni politiche?

    Gran parte dei politici (anche quelli che in cuor loro non sono contrari all’uso dei giacimenti nazionali) hanno fiutato il vento e per non perdere il consenso cavalcano le posizioni conservatrici.

    9 – Il referendum salverà le isole Tremiti?

    Il referendum (che riguarda solamente la durata delle attività petrolifere già in corso in acque territoriali) non tocca in alcun modo i progetti di studio geologico del sottosuolo dei fondali al largo delle isole Tremiti, di fronte a Puglia e Molise, dove non ci sono (né vi saranno a lungo) attività di studio geologico.

    10 – Le isole Tremiti sono a rischio?

    Non sono previste ricerche petrolifere in Adriatico. L’unico evento accaduto è che una compagnia petrolifera irlandese, la Petroceltic, ha ottenuto il permesso di poter cercare in futuro eventuali giacimenti in acque internazionali oltre le 12 miglia (22 chilometri) dalla costa molisana e dalle isole Tremiti . Per ottenere il permesso ha dovuto pagare un diritto di cancelleria (basato sull’estensione dell’area interessata) di circa 2mila euro. Prima di poter fare le prospezioni sotto i fondali la compagnia dovrà avviare una procedura pubblica complessa e assai lunga che prevede una Valutazione di impatto ambientale e una nuova autorizzazione. Finché il greggio ha un valore così poco appetitoso , nessuna compagnia – né la Petroceltic né altri – affronterà nei mari italiani né l’investimento cospicuo della ricerca né i tempi lunghissimi della procedura.

    Giusto per vostra informazioni, tanto per snocciolare due numeri, nel settore petrolifero, sia diretto che nell’indotto, lavorano circa 36.000 italiani che sono l’elite nel mondo! Qualcuno o meglio qualche nazione vuole toglierci anche questo….meditate gente, meditate!

    #353364
    vikingo
    Partecipante

    Le regioni hanno bocciato il progetto delle pale eoliche per promuovere gli idrocarburi, ora vogliono bocciare i giacimenti per promuovere leolico? Intanto continuano ad inquinare i fiumi, i depuratori sono collassati ed i SUV es auto si lusso aumentano esponenzialmente! Questo è il paese della corruzione e dei delinquenti! Dietro ogni azione c’è un fine losco e di malaffare! Nessun settore escluso.

    #353365
    candidoshark
    Partecipante

    https://youtu.be/_BZQWw2gZ0k
    https://youtu.be/hUk-ps1d_fA
    https://youtu.be/cbI8GaUAcb0

    Basta osservare queste immagini i per capire che danno fa il petrolio.
    La tecnologia per sostituire il petrolio esiste da diversi anni per non dire decenni , ma non può essere rivelata perché comprometterebbe i colossali interessi economici di pochi.

    Si può vivere senza petrolio

    #353366
    AlexNets
    Partecipante

    Argomento spinoso.
    Onestamente, si può vivere senza petrolio? No. Per me è pura utopia.
    Ho vissuto in Danimarca per un pò, hanno la totale indipendenza energetica..per carità è una nazione piccola quindi è un pò diverso, comunque loro non si fanno problemi se ci sono da mettere le pale eoliche in mare, se c’è da fare una centrale praticamente dentro Copenhagen con ciminiere e tutto. Non sono un popolo per il “NO a prescindere” come noi italiani. Ed infatti economicamente ci surclassano.
    Ma c’è una grossa differenza tra noi e loro (e con loro diciamo tutti i popoli europei dalla Germania in su), si fidano dello stato. Noi non ci fidiamo, a ben donde direi.
    Per questo, nonostante sia sostanzialmente d’accordo con Max (che ha tutta la mia solidarietà essendo direttamente coinvolto) avrei comunque un minimo di remore a votare no. Essenzialmente perchè non mi fido dello stato italiano. Qui capita che si superino i limiti di legge, magari di poco però succede. Provino a farlo altrove, inizierebbero a piovere multe..ecco questo genera fiducia nello stato.
    Qui abbiamo la “collina dei veleni” di Porto Torres, l’Ilva…eccecc. E non è mai colpa di nessuno e nessuno vuole bonificare. E si è giocato troppo con la salute dei cittadini.
    Intendiamoci, questo referendum cambierebbe le cose? Per me no.
    Però si gioca su tutti questi aspetti “emotivi” per spingere la popolazione verso una certa direzione.
    In realtà alle regioni dell’inquinamento non gliene frega una mazza, si sono solo incazzate perchè il governo le ha scavalcate..ed hanno messo in piedi tutto questo casino.

    My 2 cents.

    #353367
    Max
    Moderatore

    @candidoshark wrote:

    https://youtu.be/_BZQWw2gZ0k
    https://youtu.be/hUk-ps1d_fA
    https://youtu.be/cbI8GaUAcb0

    Basta osservare queste immagini i per capire che danno fa il petrolio.
    La tecnologia per sostituire il petrolio esiste da diversi anni per non dire decenni , ma non può essere rivelata perché comprometterebbe i colossali interessi economici di pochi.

    Si può vivere senza petrolio

    Antonio, capisco e comprendo i tuoi timori ma hai pubblicato 3 video che con le piattaforme italiane non hanno nulla a che fare. I video da te pubblicati sono gli stessi che gli pseudo ambientalisti e verdi tanto sventolano per far spaventare gli italiani.
    Il 90% delle piattaforme italiane sono metanifere, quindi con il petrolio nulla hanno a che fare. In oltre 60 anni di attività delle 106 piattaforme italiane non è mai successo nessun incidente (e scusa ma mi gratto 😀 ).
    Del disastro successo nel golfo del messico ho ampiamente parlato in precedenza spiegando i motivi tecnici percui qui in adriatico non è possibile che avvenga un disastro simile ai video da te pubblicati.

    Tu dici “si può vivere senza petrolio”, io ti rispondo: si, ma non adesso e non come stiamo vivendo adesso, cioè dovremmo eliminare tante comodità che oggi abbiamo. Si potrà, forse, fra 20/30 anni…ma dall’oggi al domani no.

    Questo è quanto afferma Giovanni Esentato (Giornalista, OTS, Diving Supervisor, Segretario di AISI, Associazione Imprese Subacquee Italiane nonchè Docente presso Scuola Superiore Sant’Anna) sulla sua pagina fb:

    7 marzo alle ore 14:25 ·
    Benché io sia vicino alle posizioni del M5S rispetto a molte tematiche relative anche all’ambiente mi tocca, per onestà intellettuale e per profonda conoscenza del mondo oil&gas, dissentire e non essere d’accordo sulle prese di posizione relative al referendum sulle “trivelle”.
    Si corre il rischio di ripetere quel che è successo con il nucleare. L’Italia ha rinunziato a costruire sul proprio territorio centrali nucleari e poi ne abbiamo a centinaia ai confini con la Francia e la Germania e – oltretutto – siamo costretti a mantenere in vita le nostre vecchie centrali che continuano a contenere nuclei di uranio attivo ma senza produzione di energia. Un controsenso che ci costringe a comprare energia elettrica dalla Francia. energia che la Francia produce con centrali Nucleari. Fu frutto questa scelta di una campagna propagandistica “ecologistica” scellerata e clericale non contrapposta ad una altrettanto efficace informazione da parte dei sostenitori della necessità di rinnovare e costruire centrali nucleari di nuova generazione. Più efficaci e molto, molto più sicure di quelle attuali. Che hanno smesso di produrre ma non hanno smesso di essere quel potenziale pericolo paventato dai sostenitori del No al Nucleare. Stessa cosa sta per succedere con il NO alle Trivelle. Intanto è da specificare che il settore delle “trivelle” in Italia riguarda installazioni già esistenti, con piattaforme, impianti, sealine, terminali già installati e funzionanti. Che le piattaforme in adriatico e mare ionio producono gas e non olio petrolifero. Che in oltre 60 anni di attività “estrattiva” nessun incidente “inquinante” ha interessato le strutture offshore italiane. Che nella vicinissima Croazia avvengono e continueranno ad avvenire perforazioni che potrebbero, in caso di abbandono da parte dell’italia, arrivare a “succhiare” gas anche dai pozzi italiani. Mediante la tecnica della perforazione obliqua. Cioè immettendo le trivelle non in verticale ma con una inclinazione di oltre 45° ed in grado di arrivare, in maniera appunto obliqua, a molti chilometri di distanza dalla verticale della torre di trivellazione.
    Ed ecco i motivi per cui, prima di votare NO, occorre riflettere ed essere informati:
    1 – il referendum non deciderà nulla sulle nuove “trivelle” (in realtà correttamente s’intende per nuove perforazioni) ma riguarda la durata delle concessioni già in essere,e relative ad aree in mare aperto e comunque entro le 12 miglia dalla costa dove ci sono già piattaforme di estrazione di gas metano in alcuni casi da più di 30 anni.
    2 -il referendum, qualora si raggiungesse il quorum, andrebbe a determinare la cessazione immediata delle attività di estrazione alla scadenza delle concessioni, tipicamente di durata trentennale, anche qualora sotto ci sia rimasto ancora un ingente quantitativo di gas.
    3 – in pratica con già tutte le strutture fatte, i tubi posati sul fondo del mare e senza dover fare nessuna nuova perforazione, saremmo costretti a chiudere i rubinetti delle piattaforme esistenti da un giorno all’altro rinunciando a circa il 60-70% della produzione di gas nazionale (gas metano stiamo parlando e non petrolio). Non potendo da un giorno all’altro sopperire a questo fabbisogno con le fonti rinnovabili il tutto si tradurrebbe in maggiori importazioni ed incremento di traffico navale (navi gassiere e petroliere) nei nostri mari, alla faccia dello spirito ambientalista che anima i comitati promotori e con sostanzioso impatto sulla nostra bolletta energetica.
    4 – il referendum non fermerà le “trivelle” nelle tremiti, non ci sono e mai ci saranno trivelle nelle tremiti. Si trattava di un permesso di prospezione e studio, ben oltre le 12 miglia dalle tremiti e comunque non più in vigore vista la rinuncia della compagnia interessata.
    5 – il referendum non fermerà la “petrolizzazione” dell’Italia come qualcuno vuole far credere, riguarda infatti le aree marine entro le 12 miglia dalla costa dove geologicamente si sono accumulati solo giacimenti di gas metano, quello che, ricordate, ci da una mano, perché tra i combustibili fossili quello meno inquinante e recentemente riconosciuto dall’unione europea il BRIDGE ovvero quello che ci porterà avanti nella transizione verso le rinnovabili per i prossimi 30 anni. Quindi non sarebbe uno STOP al petrolio, che in Italia viene estratto quasi esclusivamente a terra, in Basilicata, ma uno stop al gas, ovvero a quella fonte energetica pulita la cui introduzione ha portato storicamente alla riduzione dell’uso del carbone.
    6 – Le trivelle (impianti di perforazione) non uccidono il turismo. La maggiore concentrazione di piattaforme in Italia si ha davanti alla riviera romagnola che storicamente è anche la zona con maggiori presenze turistiche; estrazione di gas e sviluppo della costiera romagnola sono andati avanti di pari passo dagli anni 60 ad oggi. Viceversa regioni senza” trivelle” e che si preoccupano tanto delle “trivelle” hanno spiagge fatiscenti, depuratori non funzionanti e discariche abusive nel bel mezzo dei parchi naturali. Farebbero bene a preoccuparsi di quello.
    7 – L’estrazione di gas dal mare adriatico non provoca terremoti, c’è un rapporto ufficiale ISPRA (Istituto Superiore Protezione Ambiente) che lo certifica. Chiunque afferma diversamente afferma il falso e non conosce la geologia del mare adriatico. Infatti nel nostro mare i sedimenti, sabbie ed argille, in seguito all’estrazione del gas, si deformano plasticamente, e la deformazione plastica è l’esatto opposto dei meccanismi di rottura dei terremoti.
    In tal caso sarebbe utile farsi spiegare cosa è una zona “Mineralizzata a Gas”; tutti si aspettano grandi caverne..in realtà si tratta di rocce calcaree nella cui porosità è intrappolato i gas (stesso dicasi per il petrolio)
    8 – Un esito positivo del referendum avrebbe impatto devastante sull’economia di alcune regioni, nella sola emilia romagna 6000 persone perderebbero il lavoro in 2 anni.
    9 – Tutti vogliamo un mondo più pulito, le rinnovabili sono il futuro, non ancora il presente, occorre un congruo periodo di transizione perché affondare il sistema gas oggi senza avere ancora una valida alternativa non è intelligente né da un punto di vista economico né per la tutela dell’ambiente.

    Ultimo, ma non ultimo, il settore offshore italiano è una delle eccellenze in termini di esperienza, new know, occupazionale diretto e di indotto.

    #353368
    vikingo
    Partecipante
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