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28 Gennaio 2016 alle 19:08 #351743vikingoPartecipante
Ieri sulla spiaggia c’erano due sedili d’auto buttati nella vegetazione, se beccavo lo scaricatore gli pintavo il fucile alla nuca e glie li facevo portare a spala fino a casa sua!!
29 Gennaio 2016 alle 5:59 #351744timsubPartecipante@vikingo wrote:
Ieri sulla spiaggia c’erano due sedili d’auto buttati nella vegetazione, se beccavo lo scaricatore gli pintavo il fucile alla nuca e glie li facevo portare a spala fino a casa sua!!
Mitico! Avresti potuto aggiungere una frase a effetto tipo…riesco a beccare una pulce di mare su un cefalo da 3 metri di distanza con l’acqua torpida…ed è puntato al tuo lobo occipitale…quindi non fare scherzi caddozzu
30 Gennaio 2016 alle 18:45 #351745vikingoPartecipante@timsub wrote:
@vikingo wrote:
Ieri sulla spiaggia c’erano due sedili d’auto buttati nella vegetazione, se beccavo lo scaricatore gli pintavo il fucile alla nuca e glie li facevo portare a spala fino a casa sua!!
Mitico! Avresti potuto aggiungere una frase a effetto tipo…riesco a beccare una pulce di mare su un cefalo da 3 metri di distanza con l’acqua torpida…ed è puntato al tuo lobo occipitale…quindi non fare scherzi caddozzu
Avrebbe capito benissimo il significato di caddozzu anche senza.saperlo haha
2 Febbraio 2016 alle 19:20 #351746Fabio70Partecipante6 Febbraio 2016 alle 12:21 #351747MaxModeratoreQUOTE
Direzione generale per la sicurezza anche ambientale delle attività minerarie ed energetiche-UNMIGRoma – 05/02/2016
BUIG Anno LX – N.1
Pubblicati 27 provvedimenti di rigetto in attuazione della Legge 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 239Sul Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse Anno LX- N.1 del 31 gennaio 2016 sono stati pubblicati in estratto 27 provvedimenti di rigetto, parziale o totale, di istanze di permesso di prospezione, di permesso di ricerca e di concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi ricadenti nelle aree precluse a nuove attività ai sensi del comma 239, articolo 1, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilità 2016).
Le 9 istanze interamente ricadenti entro le 12 miglia sono state rigettate.
Le 18 istanze parzialmente ricadenti entro le 12 miglia sono state rigettate per la parte interferente.
Con i 27 provvedimenti è stata data piena attuazione al disposto di legge: all’interno delle aree interdette non insistono più istanze di permesso di prospezione, di permesso di ricerca e di concessione di coltivazione di idrocarburi.
UNQUOTEQualcuno adesso gioirà….io invece farò come dice il proverbio cinese:
“siediti sulla riva del fiume ed aspetta…..prima o poi passerà il cadavere del tuo nemico”!6 Febbraio 2016 alle 12:29 #351748MaxModeratoreIntanto il primo cadavere è gia passato:
La compagnia petrolifera inglese Rockhopper vuole chiedere il risarcimento all’Italia dopo lo stop del Governo al giacimento Ombrina, al largo della costa abruzzese.
La compagnia d’oltremanica ha avviato un ricorso a un arbitrato internazionale per chiedere il ristoro dei danni provocati dalla mancata estrazione di greggio e se dovesse vincere la causa internazionale, il danno che l’Italia potrebbe dover pagare sarebbe milionario e si aggiungerebbe alla perdita dell’investimento, del gettito fiscale e delle royalty.
La Rockhopper, come si sa, era pronta ad avviare le perforazioni a largo della costa dei Trabocchi, convinzione che si era rafforzata quando nel dicembre scorso, la Conferenza di servizio aveva espresso parere positivo. Poi, invece, il dietrofront del Governo. Il ministero dello Sviluppo economico, negli ultimi giorni del 2015, ha sospeso la concessione per un anno. Subito dopo, nella Legge di Stabilità, sono stati bloccati, in via definitiva, i progetti petroliferi nelle acque territoriali entro le 12 miglia dalla costa. Ma non basta. Pochi giorni fa, il ministero ha messo la pietra tombale sulla richiesta delle concessioni, rigettandole.
E questo è solo l’inizio….
Ricordate Tafazzi, quel personaggio di Mai Dire Gol che si martellava le palle? Beh….a voi il pensierino della sera
[attachment=0:1ec9651b]tafazzi_03.jpg[/attachment:1ec9651b]
w l’italia
<!–m →http://www.pescasubacquea.net/wp-content/uploads/phpbb/215_1c5223b0819900fed4d4c291a4bcccf0.jpg<!–m →6 Febbraio 2016 alle 14:09 #351749vikingoPartecipantePaese di incoscienti e lucratori.
6 Febbraio 2016 alle 16:37 #351750andrea.90Partecipante@Max wrote:
Ovviamente sono a favore.
Non me ne vogliate, ognuno esprime la propria idea e visto che io lavoro nel settore non posso che essere a favore.MORS TUA MITA MEA!
9 Febbraio 2016 alle 18:48 #351751vikingoPartecipante12 Marzo 2016 alle 7:46 #351752MaxModeratorePrendetevi un po di tempo e leggete l’articolo.
Andare a votare è un DOVERE e un DIRITTO di ogni cittadino, ma, badate bene, bisogna sapere cosa si va a votare. Votare per “sentito dire” o solo per partito preso è uno sbaglio enorme.Pro e contro il referendum sulle trivellazioni
Per cosa andremo a votare il 17 aprile, spiegato bene: si parla degli impianti che esistono già – i nuovi sono vietati in ogni caso – e quelli per il Sì dicono che è un “voto politico”Per la prima volta nella storia della Repubblica, il prossimo 17 aprile gli elettori italiani saranno chiamati a votare a un referendum richiesto dalle regioni, invece che – come di solito avviene – tramite una raccolta di firme. Si tratta del cosiddetto referendum “No-Triv”: una consultazione per decidere se vietare il rinnovo delle concessioni estrattive di gas e petrolio per i giacimenti entro le 12 miglia dalla costa italiana. In tutto le assemblee di nove regioni hanno chiesto il referendum: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise. Una raccolta di firme per presentare il referendum era fallita lo scorso inverno. L’esito del referendum sarà valido solo se andranno a votare il 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto.
Cosa vuole cambiare il referendum
Nel referendum si chiede agli italiani se vogliono abrogare la parte di una legge che permette a chi ha ottenuto concessioni per estrarre gas o petrolio da piattaforme offshore entro 12 miglia dalla costa di rinnovare la concessione fino all’esaurimento del giacimento. Il quesito del referendum, letteralmente, recita:
Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?Il comma 17 del decreto legislativo 152 stabilisce che sono vietate le «attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi» entro le 12 miglia marine delle acque nazionali italiane. La legge stabilisce che gli impianti che esistono entro questa fascia possono continuare la loro attività fino alla data di scadenza della concessione, che su richiesta può essere prorogata fino all’esaurimento del giacimento. Si parla quindi di permettere o no che proseguano le estrazioni sugli impianti che esistono già.
La situazione oggi
Gran parte delle 66 concessioni estrattive marine che ci sono oggi in Italia si trovano oltre le 12 miglia marine, che non sono coinvolte dal referendum. Il referendum riguarda soltanto 21 concessioni che invece si trovano entro questo limite: una in Veneto, due in Emilia-Romagna, uno nelle Marche, tre in Puglia, cinque in Calabria, due in Basilicata e sette in Sicilia. Le prime concessioni che scadranno sono quelle degli impianti più vecchi, costruiti negli anni Settanta. Le leggi prevedono che le concessioni abbiano una durata iniziale di trent’anni, prorogabile una prima volta per altri dieci, una seconda volta per cinque e una terza volta per altri cinque; al termine della concessione, le aziende possono chiedere di prorogare la concessione fino all’esaurimento del giacimento.Se al referendum dovessero vincere il sì, gli impianti delle 21 concessioni di cui si parla dovranno chiudere tra circa cinque-dieci anni. Gli ultimi, cioè quelli che hanno ottenuto le concessioni più recenti, dovrebbero chiudere tra circa vent’anni. In tutto in Italia ci sono circa 130 piattaforme offshore utilizzate in processi di estrazione o produzione di gas e petrolio. Quattro quinti di tutto il gas che viene prodotto in Italia (e che soddisfa circa il 10 per cento del fabbisogno nazionale) viene estratto dal mare, così come un quarto di tutto il petrolio estratto in Italia. Nessuno al momento ha calcolato quale percentuale di gas e petrolio viene prodotta entro le 12 miglia marine, né quanto sono abbondanti le riserve che si trovano in quest’area.
Cosa succede in caso di vittoria dei sì
Il referendum non modifica la possibilità di compiere nuove trivellazioni oltre le 12 miglia e nemmeno la possibilità di cercare e sfruttare nuovi giacimenti sulla terraferma: e compiere nuove trivellazioni entro le 12 miglia è già vietato dalla legge. Una vittoria dei sì al referendum impedirà l’ulteriore sfruttamento degli impianti già esistenti una volta scadute le concessioni. Il giacimento di Porto Garibaldi Agostino, per esempio, che si trova a largo di Cervia, in Romagna, è in concessione all’ENI ed è sfruttato da sette piattaforme di estrazione. La concessione risale al 1970 ed è stata rinnovata per dieci anni nel 2000 e per cinque nel 2010. In caso di vittoria del sì, l’ENI potrà ottenere una seconda e ultima proroga per altri cinque: dopo sarà costretta ad abbandonare il giacimento, anche se nei pozzi si trovasse ancora del gas.Le ragioni di chi è favore del Sì
Secondo i vari comitati “No-Triv”, appoggiati dalle nove regioni che hanno promosso il referendum e da diverse associazioni ambientaliste come il WWF e Greenpeace, le trivellazioni andrebbero fermate per evitare rischi ambientali e sanitari. I comitati per il No ammettono che per una serie di ragioni tecniche è impossibile che in Italia si verifichi un disastro come quello avvenuto nell’estate del 2010 nel Golfo del Messico, quando una piattaforma esplose liberando nell’oceano 780 milioni di litri di greggio, ma sostengono che un disastro ambientale in caso di gravi malfunzionamenti di uno degli impianti sia comunque possibile.Alcuni aderenti ai comitati per il Sì hanno anche parlato dei danni al turismo che avrebbero arrecato le piattaforme. È importante sottolineare, però, che il referendum non impedirà nuove trivellazioni (che sono già vietate) né la costruzione di nuove piattaforme, ma solo lo sfruttamento di quelle già esistenti. Inoltre, il legame tra piattaforme e danni al turismo non è stato dimostrato chiaramente. La regione con il più alto numero di piattaforme, l’Emilia-Romagna, è anche una di quelle con il settore turistico più in salute. La Basilicata, la regione del sud più sfruttata per la produzione energetica, è stata una di quelle che negli ultimi anni hanno visto crescere di più il settore turistico.
Questa settimana Greenpeace ha pubblicato uno studio realizzato dall’ISPRA, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca, che mostra come tra il 2012 e il 2014 ci siano stati dei superamenti dei livelli stabiliti dalla legge per gli agenti inquinanti nel corso della normale amministrazione di alcuni dei 130 impianti attualmente in funzione in Italia. Non sembra però che i valori fossero particolarmente preoccupanti. Gli stessi promotori del referendum sottolineano che l’inquinamento non è la priorità che ha reso necessario il referendum. La ragione principale, spiegano, è “politica”: dare al governo un segnale contrario all’ulteriore sfruttamento dei combustibili fossili e a favore di un maggior utilizzo di fonti energetiche alternative. Come è scritto sul sito del coordinamento “no-triv”:
«Il voto del 17 Aprile è un voto immediatamente politico, in quanto, al di là della specificità del quesito, residuo di trabocchetti e scossoni, esso è l’UNICO STRUMENTO di cui i movimenti che lottano da anni per i beni comuni e per l’affermazione di maggiori diritti possono al momento disporre per dire la propria sulla Strategia Energetica nazionale che da Monti a Renzi resta l’emblema dell’offesa ai territori, alle loro prerogative, alla stessa Costituzione italiana»Le ragioni di chi è a favore del No
Contro il referendum è stato fondato il comitato “Ottimisti e razionali“, presieduto da Gianfranco Borghini, ex deputato del Partito Comunista e poi del PdS. Il comitato sostiene che continuare l’estrazione di gas e petrolio offshore è un modo sicuro di limitare l’inquinamento: l’Italia estrae sul suo territorio circa il 10 per cento del gas e del petrolio che utilizza, e questa produzione ha evitato il transito per i porti italiani di centinaia di petroliere negli ultimi anni.
Una vittoria del sì avrebbe poi delle conseguenze sull’occupazione, visto che migliaia di persone lavorano nel settore e la fine delle concessioni significherebbe la fine dei loro posti di lavoro. Nella provincia di Ravenna il settore dell’offshore impiega direttamente o indirettamente quasi settemila persone.L’aspetto “politico”, infine, è una delle principali ragioni per cui il referendum è stato criticato. Il referendum, secondo gli “Ottimisti e razionali”, è lo strumento sbagliato per chiedere al governo maggiori investimenti nelle energie rinnovabili. Il referendum, dal loro punto di vista, somiglia più a un tentativo di alcune regioni – che hanno reso possibile la consultazione – di fare pressioni sul governo in una fase in cui una serie di leggi recentemente approvate e la riforma costituzionale in discussione stanno togliendo loro numerose autonomie e competenze, anche in materia energetica.
12 Marzo 2016 alle 8:40 #351753vikingoPartecipanteSu questo referendum avevo già sentito puzza di “bruciato” , questa è la conferma.
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